La teoria di lasciare andare: recensione del libro di Mel Robbins e Sawyer Robbins

Le pagine de “La teoria di lasciare andare. The Let Them Theory”, firmate da Mel Robbins insieme al figlio Sawyer e tradotte da Elena Lombardi per Newton Compton, parlano a chi sente su di sé il peso del controllo, del giudizio e delle aspettative altrui.
Attraverso esempi concreti e il sostegno di psicologi e ricercatori, il volume – suddiviso in venti capitoli – mostra come “let them”, ossia lasciare che gli altri facciano, liberi energie preziose e consenta di muoversi senza compromessi.
Ritrovare il proprio centro
Riallinearsi con se stessi diventa il punto di partenza. Gli autori spiegano che chi vive in costante allerta – per timore di deludere, per ipersensibilità o per la tendenza a misurarsi con chi possiede di più – finisce spesso per disperdere attenzione e serenità.
Ecco allora il cuore della strategia: permettere agli altri di comportarsi come desiderano, osservare la scena senza reagire subito e, in quell’attesa, capire cosa serve davvero a noi. Così emergono nuove priorità: tempo di qualità, relazioni autentiche, rispetto dei propri limiti.
Il testo sottolinea come la scelta di non rimodellare il comportamento altrui non equivalga all’indifferenza: si tratta di preservare le risorse interiori, indirizzandole verso obiettivi personali invece che verso la correzione incessante di chi ci sta intorno.
Applicare la teoria nella vita quotidiana
La guida dedica ampio spazio alle dinamiche di gruppo. Amicizie logorate da pretese, collaborazioni professionali sbilanciate e persino il rapporto genitori-figli trovano spazio negli esempi narrati. Ogni scenario viene accompagnato da domande utili: quanto costa, in termini emotivi, intervenire per cambiare l’altro? Quali confini possono tutelarci?
Nei capitoli dedicati al lavoro emerge un consiglio ricorrente: osservare i colleghi senza assorbirne l’ansia. Lasciarli agire, mantenendo la propria rotta, riduce la frizione e migliora le performance individuali.
Quando l’arena è la famiglia, le pagine suggeriscono micro-azioni: dare spazio all’espressione dei figli senza trasformarsi in controllori, oppure proporre alternative – non imposizioni – a un partner che persevera in abitudini nocive.
Punti di forza e possibili limiti
Fra i pregi spiccano tono accessibile e riferimenti a studi scientifici, che offrono validazione empirica alle intuizioni della coppia Robbins. I casi reali aiutano il lettore a immaginare l’applicazione immediata dei concetti, specie in presenza di persone ego-centriche o di ambienti competitivi.
Qualche capitolo termina con riassunti che, a volte, risultano ridondanti: chi legge potrebbe avvertire il desiderio di passare direttamente all’esempio successivo. La struttura rimane comunque scorrevole, grazie alla combinazione di storytelling e suggerimenti pratici che invitano a sperimentare fin da subito la “let them theory”.
In definitiva, il testo offre una bussola per liberarsi dalle catene emotive create dall’interazione con gli altri, dimostrando come il vero margine d’azione risieda nelle scelte personali, non nel tentativo di gestire ogni variabile esterna.